Mondo sub

Titolo: Mondo sub, [Titolo originale] Vacances chez Neptune

Autore: Robert Sténuit

Editore: Casa Editrice Bietti, Milano

Anno di Pubblicazione: 1967, 1969²

Genere: Manuale, Tecnico

Collana: I manuali Hobby

Note: 


*Questo libro é presente nella Libreria di Morgan nelle edizioni del 1967 e del 1969*



Mondo Sub 2 edjpg

Copertina 2^ edizione del 1969


Prefazione:

Quando i primi pionieri dell’immersione (e il loro numero aumenta di giorno in giorno) discendevano sotto il mare ancora oggi vergine e sconosciuto, o si introducevano tremanti di freddo in una profonda caverna attraverso un cunicolo pieno d’acqua, tortuoso, cosparso di lame e spuntoni di roccia, andavano incontro a molti rischi con attrezzi di fortuna e conoscenze tecniche e fisiologiche più rudimentali, ma erano consapevoli di ciò che facevano. Essi si immergevano (per lo meno era quello il motivo che spingeva l’autore) perché avevano bisogno di azione, di avventure e di rischio, di qualcosa che desse un senso alla loro vita in questo mondo che li circondava, dominato dalla sonnolenza e dalla abitudine, dalla pensione e dalla assicurazione sociale; dovevano arrischiare la loro vita, metterla in gioco per poterla poi apprezzare se la salvavano. Provavano gioia nell’azione e non nella passività; non bastava loro il « panem et circenses », cioè un impiego stabile e il calcio domenicale. Altri uomini, giovani e meno giovani, soddisfacevano questo bisogno lanciandosi sulle strade in vetture sportive o andando alla sera lungo i boulevards in cerca di risse, con i blue-jeans e il giaccone, una bottiglia spezzata in mano e una lama di rasoi infilata negli stivali; altri ancora andavano a combattere in Corea, o scalavano, semicongelati, le pendici dell’Annapurna, a seconda delle loro possibilità e della ricchezza della loro immaginazione. Un mio amico speleologo, alpinista e sommozzatore, è morto durante un’immersione in un sifone delle grotte di Han. Proprio così; egli sapeva cosa faceva e perché lo faceva. Se non si fosse immerso o arrampicato, se non fosse mai disceso sotto terra, gli sarebbe sembrato di essere vissuto per nulla, di non essere che un rotella della grande macchina, una pecora in mezzo al gregge, una unità nel totale. Io credo di averlo compreso. Il tempo dei pionieri ora è finito. Oggi esistono scuole di immersione in piscine ben organizzate, eccellenti manuali, guide turistiche sottomarine sul genere del Baedecker; ci si va ad immergere nel Mediterraneo come si va agli sports invernali; località specializzate con abili istruttori e ottime attrezzature si disputano la clientela; un famoso club di vacanze, d’altronde molto simpatico, offre « a forfait » la passeggiata sotto il mare allo stesso modo che il ping-pong e lo sci nautico. Alcuni fra i primi sommozzatori si opposero violentemente alla volgarizzazione della immersione: il mondo sottomarino era una proprietà privata in cui si ritrovavano, in buona compagnia, pochi privilegiati. L’autore stesso, dieci anni fa, avrebbe più volentieri annegato degli allievi anziché istruirli, tanto temeva le carte unte abbandonate sotto il mare e l’invasione dei turisti domenicali. L’inevitabile è avvenuto: sotto la spinta vigorosa di qualche negoziante accorto e di alcuni sommozzatori ansiosi di ornarsi l’occhiello con un distintivo multicolore di istruttore federale e diplomato (vi sono modelli che possono essere portati sott’acqua, come vi è la Legion d’Onore per pigiama) e di diffondere la loro fresca scienza, la « immersione sociale » è oggi una realtà. « L’anfora per tutti ».

« Discendete sotto il mare con moglie figli ». « Il sesto continente vi attende ».

« Happy Week-end in Davy Jone’s Locker ». « Treasure’s waitin’ for you down there », ecc. ecc. Perché allora è stato scritto questo libro? Perché l’autore, secondo la ben nota frase, «ha ceduto alle sollecitazioni dei suoi amici e all’insistenza del suo editore», e poi perché si accorge sempre più chiaramente che sta facendo una autoselezione fra gli utilizzatori degli scafandri. Vi sono innanzitutto coloro che praticano il turismo sottomarino per snobismo, o perché è di moda, o perché al club è gratuito; costoro scendono nel Mediterraneo ad esplorare sentieri battuti, vanno uno dietro l’altro, ben allineati in mezzo a due istruttori, badando più a non compromettere il brevetto con qualche indisciplina che ha spalancare bene gli occhi sul mondo prodigioso che si offre loro. Per tutto il cammino loro imposto, costoro faranno una bella carriera di escursionisti acquatici diplomati, ma possono essere paragonati ad un sommozzatore come una comitiva guidata dal parroco può essere paragonata ad uno speleologo; o come la clientela di una teleferica che porta al ghiacciaio può essere paragonata ad un arrampicatore. Talvolta però l’uno o l’altro esce dai ranghi, e allora diventa un sommozzatore simpatico e di piacevole compagnia. A causa di un felice fenomeno ecologico, la razza degli escursionisti sottomarini non si trova che nel Mediterraneo. Le acque dell’Atlantico, diecimila volte più potenti, più eccitanti, maestose, brulicanti di vita e colori, dove ondeggiano senza fine le gigantesche alche brune, sotto le quali si scivola, come in un misterioso sottobosco, in mezzo a pesci enormi, queste acque sembrano interdette a tale categoria di sommozzatori come per una allergia. «Fa troppo freddo». « D’altronde non si vede niente ». « E tutte quelle correnti che tirano al largo! ». « L’immersione è ancora troppo male organizzata ».

« Piove sempre », ecc. ecc. L’autore non cercherà di dissuadere gli appassionati del Mare Nostrum, quello che è giustamente detto il Nostro Mare, il mare di tutti....


Una citazione dal Capitolo terzo “Caccia subacquea”:

“....Non vi basterà nuotare in superficie guardando ciò che avviene sul fondo, e aspettare di vedere un pesce per immergervi ed inseguirlo: otto pesci su dieci sono invisibili dalla superficie, e trovano un’efficace protezione nel mimetismo, nell’immobilità, rifugiandosi nelle loro tane, nei buchi o fra la vegetazione. Bisogna quindi andare a vedere: più vi immergerete, più grotte, fenditure, vegetazione e relitti esplorerete, più pesci vedrete, e più possibilità avrete di colpirli. Bisogna però ancora imparare a calzare le pinne sotto la superficie agilmente e in silenzio, senza agitare l’acqua, con il corpo allungato e le braccia avanti, e ad immergersi come le balene, cioè piegando rapidamente il corpo in due per poi discendere completamente dritti, e non incominciare a calzarsi che una volta immersi (vedi fig. 14). Se le pinne batteranno rumorosamente in superficie, faranno fuggire o spaventeranno i pesci in un raggio di cinquanta metri. È prudente non andare mai a caccia soli, ma in coppia; per comodità portatevi un gavitello, per esempio una camera d’aria di automobile, al centro della quale porrete una rete. Ancorerete al fondo questo gavitello, che vi potrà servire per depositarvi i pesci catturati e per appoggiarvi a riprender fiato; pianterete su di esso una bandierina rettangolare di color arancione con una banda trasversale bianca, che avvertirà della vostra presenza i conducenti di fuoribordo. (È la « Diver’s Flag » proposta dagli U.S.A. e adottata in tutto il mondo).”



Un immagine del volume aperto su una delle pagine (l’immagine è attiva)


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