L'attrezzatura del sub

Titolo: L’attrezzatura del sub

Autore: Rodolfo Betti

Editore: Editoriale Olimpia, Firenze

Anno di Pubblicazione: 1968

Genere: Guida

Collana:

Note:


Premessa

L’esercizio subacqueo è essenzialmente disciplina sportiva. Solo questo concetto può dimensionare all’occhio del principiante l’impegno di tale attività, una attività che peraltro concede le sensazioni più forti soltanto al severo praticante. Non a tutti è concessa tuttavia una struttura fisica, atta a sopportarne lo sforzo richiesto, né d’altronde sarebbe da sola bastante a creare il subacqueo, l’uomo anfibio cioè che oggi è ormai partito alla conquista del sesto continente. Lo scopo quindi dell’attrezzatura nel raggiungimento delle mete personali, è determinante in ambedue i casi. Sia per colmare le deficienze fisiche del primo, quanto per valorizzare appieno le doti atletiche del secondo. Attualmente è tale la potenza divulgativa, la pubblicità, l’ostentazione dei campioni, che l’appassionato in fase di accostamento a questo sport ne resta soggiogato, ipnotizzato e finisce erroneamente indirizzato verso un attrezzo che sovente ⎯ per inadeguatezza ai propri mezzi fisici od inesperienza ⎯ gli regala cocenti delusioni. L’uso errato e la perfetta ignoranza del suo funzionamento sono indiscutibilmente le maggiori responsabili dell’insuccesso, ma anche la spiccata tendenza che oggi anima il neofita e lo spinge verso l’arma più potente o la pinna più rigida ed a snobbare quanto inferiore offre il mercato, anche se tuttavia più adeguato all’intenzione iniziatorie, tentando inoltre una orgogliosa scalata diretta, con gli immancabili risultati negativi che essa riserva agli inesperti, rinunciando ad una formazione per gradi, più lunga, ma certamente con maggiori probabilità di riuscita. In sostanza, intendiamo, che nessun pilota ha cominciato al volante di una «formula uno» come un alpinista non ha certo attaccato dal «sesto grado». Per molti quindisarà perfettamente inutile usare i mezzi, non potranno certo sostituire, non solo, ma nemmeno sopperire in parte alla loro totale mancanza. Maschere, pinne e fucili, sono stati ideati dalla mente dell’uomo per modificare ⎯ seppure temporaneamente ⎯ la sua struttura anatomica esclusivamente terrestre per adattarsi alle necessità, imposte da una penetrazione anche se appena superficiale, in un modo regolato da leggi fisiche talvolta contrapposte a quelle, cui è legata la nostra esistenza. La maschera, per sussidiare gli organi aerei della vista, come un obbiettivo supplementare atto a schiarire la visione sottomarina; le pinne, onde fornire gli arti di una «presa» maggiore nel liquido ed il fucile, per colmare in parte lo svantaggio esistente fra cacciatore, impegnato nel superamento di difficoltà create dall’elemento ostico, oltre a quelle proprie del tenditore d’insidie e la preda, avvantaggiata da una anatomia perfettamente funzionale, sensitivamente superdotata. Tali accorgimenti hanno fornito il surrogato di una caratteristica acquatica, ma siamo ancora lontani dal sostituire, sia pure una decima parte, di ciò che ha fatto la Natura per gli abitatori sottomarini. Date appunto le taglie, le dimensioni, le fisionomie diverse che contraddistinguono un uomo dall’altro, gli accessori da esso creati hanno ovviamente dovuto tener conto di queste diversità sostanziali e lo hanno obbligato a fabbricare cento derivati dall’originale modello degli attrezzi base, sagomando differentemente la gomma, irrigidendola od addolcendola, riducendo od un fine di adattamento alla grande riampliando i volumi, comprimendo nelle armi una potenza incredibile, tutto con chiesta. Nel febbrile giuoco però di concorrenza, lo stimolo a superare sé e gli altri, gli ha fatto perdere di vista l’obbiettivo prefisso, sopravanzandolo e quindi non più adattandosi, ma ideando e prevedendo lo stesso progresso con articoli che non sempre risultano improntati alla sobria funzionalità, ma più all’estro inventivo, come si trattasse di decretare i dettami di una nuova moda, non considerando che la nascita di un nuovo ritrovato, non può avere luogo sul piano del tecnigrafo, fin quando l’esperienza pratica non solleciti la mano del progettista. Le note seguenti vogliono essere pertanto una introduzione nel vastissimo campo delle attrezzature subacquee, guidando l’appassionato in una panoramica generale che potrà essergli d’aiuto nella eventualità di una scelta appropriata. Quindi nessuna pretesa intrinseca. La pubblicazione desidera solo poter essere d’ausilio a quanti lo desiderino, nella maniera semplice e pratica che non lasci adito a possibili equivoci e mettendo al servizio del lettore molti anni di esperienza.

                                                                                                                         Rodolfo Betti


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